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BCE nei guai: inflazione flop, euro al top. Così i piani di Draghi si complicano

1 Settembre 2017 da helly

L’inflazione nell’Eurozona non cresce abbastanza, e l’euro troppo forte complica tutto. Se la situazione per la BCE era complessa prima, questi due fattori rendono tutto ancora più complicato. L’istituto centrale europeo è sotto pressione perché (specialmente dalla Germania) gli chiedono di restringere un po’ i cordoni della politica monetaria. Ma senza dati economici solidi questo non è possibile.

bce draghiIl primo driver delle mosse dell’EuroTower è la dinamica dei prezzi al consumo, per il quale è fissato un obiettivo al 2%. Le aspettative a medio lungo termine sull’inflazione però languono da tempo poco sopra l’1,5 per cento. Troppo poco per alzare i tassi di interesse. Questo infatti si tradurrebbe in un aumento del valore dell’euro sul mercato valutario. Peraltro la valuta unica già di suo sta crescendo a ritmo vertiginosi, e cosa ancora più grave non ci sono segnali di inversione del trend all’orizzonte. Il guaio è che un euro troppo forte significa che importare materie prime costa meno, quindi costa di meno produrre e quindi costano meno i prezzi al consumo. Morale della favola: inflazione che scende ancora, anziché salire. Ecco il dramma della BCE.

L’euro complica i piani della BCE

Mancava soltanto l’euro forte a complicare le cose. La exit strategy della Banca centrale europea dal «quantitative easing» è naufragata prima ancora di partire. Al punto tale da spingere Mario Draghi (numero uno della BCE) a esprimere forti preoccupazioni per eventuali ulteriori rafforzamenti della valuta unica. Dal suo discorso di Sintra (Portogallo) due mesi fa, il cambio si è rafforzato di oltre il 5% nei confronti del dollaro e del 3% su scala globale, con l’oscillatore stocastico (analisi tecnica) spesso in ipercomprato.

Nel corso del prossimo consiglio della BCE, in calendario agli inizi di settembre, l’EuroTower ridurrà le stime sui prezzi dell’Eurozona proprio perché rispetto alle ultime rilevazioni – 3 mesi fa – il cambio euro/dollaro non è più a 1,08 ma sfiora 1,20. Per questo è plausibile un taglio delle stime sull’inflazione all’1,1% per l’anno in corso e all’1,5% (dall’1,6%) per il 2018.

Si tratta di numeri chiaramente insoddisfacenti per Draghi. Ma soprattutto si tratta di numeri che rendono impossibile dare luogo al tapering (ovvero la riduzione del piano di acquisto titoli). A questo punto l’unica speranza per Draghi e la BCe è che il dollaro si riprenda. Ma Trump sta facendo di tutto per andare nel senso opposto.

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