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Migranti e figli minori. Per la Cassazione non dev’essere espulso dall’Italia l’immigrato irregolare perché l’allontanamento può causare un grave disagio psicofisico al figlio

29 Luglio 2017 da dagata

Migranti e figli minori. Per la Cassazione non dev’essere espulso dall’Italia l’immigrato irregolare perché l’allontanamento può causare un grave disagio psicofisico al figlio. Il permesso ben può essere solo a tempo determinato in quanto può essere revocato con la crescita del minore

La salute psicofisica del minore è un diritto primario tale da giustificare quello del genitore immigrato irregolare ad ottenere un permesso di soggiorno sul territorio nazionale. A stabilirlo, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Cassazione, con l’ordinanza 17861/17, depositata oggi 19 luglio, secondo cui ha diritto a permanere in Italia lo straniero, padre di un minore, anche se irregolare, perché l’allontanamento potrebbe causare al bambino un grave disagio psico-fisico. La Corte di appello dell’Aquila aveva rigettato la richiesta dello straniero di continuare a restare in Italia motivata anche dalla non irrilevante circostanza che allontanandosi, il piccolo ne avrebbe risentito. Il giudice di secondo grado rilevava che a sostegno della domanda il ricorrente non aveva indicato ragioni precise e che l’articolo 31, comma 3, del testo unico sull’immigrazione non si applica a situazioni di «durata indeterminabile» come quella in esame non di certo limitata a un preciso arco temporale e che il suo allontanamento non pregiudicherebbe in maniera irreparabile la serenità del bambino che potrebbe rimanere in Italia con la madre e le sorelle maggiorenni. Il Supremo Collegio non condivide neanche la proposta di decisione del consigliere relatore e decide di accogliere il ricorso. Per gli ermellini infatti, la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dei principi sanciti da questa Corte con la pronuncia a sezioni unite n. 21799/2010. I giudici della sesta sezione civile, ricordando l’autorevole precedente, infatti, rilevano che “L’esame che il giudice di merito è chiamato a compiere a fronte dell’istanza di autorizzazione ex art. 31, 30 comma, d.lgs, 286/1998, è diretto all’accertamento della sussistenza di «grati motivi» basati su una situazione attuale oppure su una situazione futura dedot attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare del autorizzazione è concessa a tempo determinato ocvoçgbile a fronte del venir meno delle sue ragioni giustificati cché la condizione psico-fisica del minore è u suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo. Nella specie, per i giudici di legittimità, la corte territoriale riporta che il ricorrente aveva già ottenuto l’autorizzazione a permanere in Italia ai sensi della norma in questione, ma svolge una valutazione del tutto sommaria circa il possibile permanere di quelle circostanze che a suo tempo giustificarono l’accoglimento dell’istanza, malgrado la puntuale relazione dei Servizi sociali e la richiesta (disattesa) di svolgere una consulenza tecnica d’ufficio. Al contrario, il reclamo è stato respinto perché è stato ritenuto che l’allontanamento dello straniero «non avrebbe pregiudicato in maniera «irreparabile» la serenità del minore, “irreparabilità” che tuttavia è un parametro affatto estraneo sia alla norma de qua sia all’interpretazione datane da questa Corte, che al contrario riconduce nell’alveo applicativo dell’art. 31, 30 comma, «qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obbiettivamente grave» (Cass., ss. uu., 21799/2010)».

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