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Febbre del Nilo occidentale: nuovo caso umano in Italia

1 Novembre 2012 da dagata

Febbre del Nilo occidentale: nuovo caso umano in Italia. Si tratta del primo focolaio di febbre del Nilo occidentale riscontrato quest’anno.
Il centro europeo per la prevenzione delle malattie e controllo (ECDC) ha segnalato ulteriori casi umani di febbre del Nilo occidentale nella UE. I laboratori hanno confermato che in un certo numero di paesi europei sono stati evidenziati casi di infezione da WNV in particolare la scorsa settimana sono stati segnalati sette nuovi casi in Grecia dall’ Hellenic Centre for Disease Control and Prevention (KEELPNO). Altri sei nuovi casi sono stati evidenziati nella regione Attica e uno è stato confermato in Evvoia, che è una nuova zona interessata. Anche per l’Italia il Ministero della salute ha riferito che il primo caso di febbre del Nilo occidentale per il 2012, è stato diagnosticato in Sardegna ad Oristano, una zona colpita anche l’anno scorso.
L’allerta che ne è scaturita riflette la maggiore consapevolezza tra gli operatori sanitari ed i laboratori sulla maggiore resistenza del virus favorita dalle condizioni meteorologiche propizie causate da precipitazioni e temperature elevate di questi giorni che hanno portato ad un notevole aumento della presenza di specie di zanzare del tipo Aedes e Culex nel bacino del Mediterraneo ed oltre.
Tale primo campanello d’allarme avrebbe incoraggiato gli Stati membri a implementare misure adatte al fine di ridurre al minimo l’impatto di un potenziale focolaio WNV nei paesi a rischio.
La cosiddetta febbre del Nilo occidentale è una malattia trasmissibile dagli animali all’uomo, provocata dal West Nile virus (Wnv). I suoi serbatoi sono soprattutto gli uccelli e le zanzare, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione. La malattia è comparsa per la prima volta in Italia a nel 2011 ed è stata segnalata con numerosi focolai negli equidi e sintomatologia clinica negli uccelli. A tale proposito Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” evidenzia che tra le categorie più a rischio vi sono persone di età superiore ai 50 e gli immunodepressi (ad esempio, i pazienti sottoposti a trapianto). Tenendo conto, quindi, che l’80% degli infettati con WNV sono asintomatici e meno di 1% presenta sintomi gravi come meningite o encefalite, gli operatori della sanità dovrebbero adottare strategie preventive per evitare la possibilità di epidemie durante i periodi più a rischio. A causa dell’indisponibilità di un vaccino contro l’infezione umana WNV, la prevenzione clinica svolge un ruolo fondamentale nel ridurre la possibilità di esiti gravi della malattia. la popolazione, soprattutto nelle zone colpite, dovrebbe essere informata circa le caratteristiche tipiche della malattia ed agire attraverso strategie di controllo già a partire dall’ambiente domestico.

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