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Malattie mentali, le case farmaceutiche hanno abbandonato la ricerca

1 Novembre 2012 da dagata

Nuovi farmaci psichiatrici bassa priorità per le aziende farmaceutiche.
Enorme bisogno insoddisfatto di farmaci migliori per le persone affette da depressione

Le malattie mentali passano in secondo piano per ciò che concerne la ricerca per lo sviluppo di farmaci del settore, anche se la depressione costituisce una delle principali cause di disabilità.
Tale dura e cruda realtà è stata definitivamente resa pubblica sulla rivista specializzata Science Translational Medicine. Alcuni autorevoli autori, infatti, sostengono che la scoperta di farmaci per il trattamento di disturbi psichiatrici come l’autismo, la schizofrenia, il disturbo bipolare e la depressione sono arrivati ad un punto morto.
Il dottor Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health ha sostenuto che gli antipsicotici e gli antidepressivi pur costituendo negli ultimi decenni tra le fonti più redditizie di alcune industrie farmaceutiche ha anche precisato che ciò non vuol dire che siano sempre efficaci. La ragione del loro exploit è dipesa anche dal fatto che si potevano vendere e potevano essere immessi sul mercato.
Negli ultimi cinque anni, infatti, più di 20 – 30 tipi diversi di antipsicotici antidepressivi sono stati commercializzati con oltre 25 miliardi di dollari d’incassi solo negli Stati Uniti e solo nel.
Questo tipo di farmaci ha sottolineato Steven Hyman della Harvard University di Cambridge in Massachusetts sono spesso derivanti da scoperte fortuite come quella degli effetti del litio nel 1949, che ha consentito la stabilizzazione dello stato d’animo.
La ragione principale per cui le case farmaceutiche non investono più in un settore che presenta un straordinario fabbisogno terapeutico e che costituisce un mercati in espansione sta nella difficoltà a scoprire farmaci innovativi che possano illuminare un percorso molto arduo in un terreno scientifico assai difficile anche perché in cervello non è così accessibile come gli altri organi per essere studiato.
Ciò ha comportato che gli unici progressi stiano avvenendo nel settore della psicoterapia cognitiva e nei trattamenti psichiatrici, ma, nonostante le opportunità di un mercato in crescita, le principali aziende farmaceutiche hanno recentemente annunciato tagli sostanziali o l’interruzione completa dei loro sforzi per scoprire nuovi farmaci che curino i disturbi psichiatrici.
Per esempio, non esistono farmaci che s’indirizzino verso i sintomi principali dell’autismo come i deficit sociali ed i disturbi del linguaggio. Tali deficit spesso rispondono bene ai trattamenti comportamentali intensivi, il che suggerisce che c’è anche un potenziale per un approccio di natura farmacologica.
Gli antidepressivi oggi disponibili sono modestamente efficaci dopo sei settimane di trattamento in studi clinici randomizzati – un tempo lungo per aspettare un disturbo con un elevato carico, ha aggiunto.
Dall’indagine pubblicata sulla rivista americana è emerso che gli psichiatri hanno lamentato il bisogno di nuovi farmaci il cui sviluppo è sostanzialmente stato bloccato dalle case farmaceutiche anche quelle più importanti per la difficoltà del settore e per i notevoli costi che tale tipo di ricerca scientifica chiede.
Per sopperire a tale grave deficit scientifico è intervenuto in America il governo federale che per esempio sta contribuendo a finanziare la ricerca con un investimento di 5 milioni di dollari per creare una rete nazionale per la ricerca e gli interventi sulla depressione.
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si augura che anche il Nostro Paese, in barba alle case farmaceutiche, nonostante le difficoltà derivanti dalla crisi, riprenda a finanziare interventi in tale settore delicato della tutela della salute per riaccendere le speranze di milioni di ammalati di malattie connesse alla mente.

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