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Microchip per la protezione contro le gravidanze sotto indesiderate

27 Agosto 2014 da dagata

Prevenzione a portata di mano: circuito integrato per la protezione contro le gravidanze sotto indesiderate. Anche i malati cronici potrebbero trarre vantaggio dalla tecnologia.

Pillola, spirale, impianti contraccettivi, preservativi – l’elenco dei contraccettivi disponibili è lungo. Attualmente, però alcuni ricercatori americani stanno lavorando su un nuovo metodo che secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, potrebbe risolvere l’annosa questione delle gravidanze indesiderate anche se non quella, ugualmente importante, delle malattie trasmesse sessualmente. Il principio, comunque, appare allettante: una volta impiantato sotto la pelle e attivato tramite telecomando, è un piccolo chip regolatore degli ormoni che proteggono contro la gravidanza a partire dai 16 anni d’età. Bloccare l’unità può essere altrettanto semplice tramite un controllo da remoto.

L’idea dell’impianto a fini biomedicali deriva dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates. La sua fondazione sostiene il progetto con l’equivalente di circa 3,4 milioni di euro. Di conseguenza, l’invenzione è diretta principalmente alle donne nei paesi in via di sviluppo, dove i contraccettivi sono spesso ancora rari. Ma anche nei paesi occidentali, i ricercatori sperano che il chip potrebbe essere un affidabile e soprattutto comoda alternativa.

Il piccolo impianto di circa due centimetri quadri fornisce ogni mese allo stessa scadenza la stessa quantità di ormoni. “Il chip di prevenzione contiene dosi singole di un progestinico già ampiamente utilizzato,” spiega Robert Farra della Firma MicroChips, fondata dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge, Massachusetts, che ha sviluppato l’impianto. I progestinici sono ora inclusi nella pillola anticoncezionale, nei dispositivi intrauterini e negli impianti contraccettivi. Essi inibiscono l’ovulazione e quindi costituiscono una protezione contro la gravidanza.

L’ormone può essere conservato in camere separate sul chip. “Un piccolo computer e un orologio sul chip garantiscono che proprio al momento giusto ogni mese è sempre data la stessa quantità di progestinico”, ha detto Farra. Una batteria invia energia attraverso il chip che è sigillato con titanio e platino fuso, in modo che l’ormone dalla camera fluisce nel tessuto.

Proprio per l’esatto dosaggio, gli sviluppatori sperano che vi siano meno effetti collaterali rispetto agli impianti contraccettivi o intrauterini. I metodi stabiliti di contraccezione forniscono l’ormone sessuale in continuazione, ma non sempre esattamente lo stesso dosaggio. Il chip inoltre dura molto più a lungo dei normali contraccetivi ormonali – e può essere spento con il telecomando se la donna vuole rimanere incinta. Il chip viene impiantato con un’operazione della durata di mezz’ora in anestesia locale.

Il microchip è stato testato finora solo su otto donne con osteoporosi che nel 2012 hanno ricevuto un farmaco anti-osteoporosi sopra. La variante di prevenzione sarà testato sugli esseri umani per la prima volta nel 2016 e nel 2018 arriverà sul mercato. Fino ad allora, però, le questioni importanti devono ancora essere chiariti: “Resta da vedere se il chip funziona come desiderato nella forma attuale come un mini pillola o come pillola del giorno dopo”, spiega Thomas Rabe, presidente della Società Tedesca di Endocrinologia Ginecologica e Medicina della Riproduzione (DGGEF). Decisivo per l’effetto è in ultima analisi, non è la quantità di ormone fornita, ma come il corpo l’assorbe. “Questo può anche variare tra gli individui.”Inoltre, se una capsula cresce intorno all’impianto, possono alterare l’assorbimento, e quindi l’effetto dell’ormone”.

I problemi attualmente riguardano la sicurezza dei dati. Il chip e il controllo remoto comunicano via radio e questo segnale non è ancora crittografato. “Qualcuno potrebbe alterare l’impianto anche senza un telecomando o disattivarlo”, dice Rabe. La Food and Drug Administration vuole impedire i test sul paziente fino a che la trasmissione dei dati non saranno al sicuro. I ricercatori sperano che questo sarà fatto entro il prossimo anno.

Nel complesso, le aspettative del chip sono alte: “Non c’è dubbio che i microchip impiantabili andranno a sostituire i metodi convenzionali nel prossimo futuro,” scrivono i ricercatori in uno studio dell’aprile 2014. Gli scienziati si aspettano che i chip contenenti farmaci saranno ulteriormente sviluppati nei prossimi decenni. Tanto che un giorno i farmaci nel corpo, se necessario si doseranno in maniera indipendente. Ciò è particolarmente interessante per il trattamento di malattie croniche.

Si guarda soprattutto al grande potenziale nella somministrazione di insulina, che i diabetici devono iniettarsi di solito più volte al giorno. Un chip per questo scopo non è ancora disponibile, però.

Il primo microchip del suo genere è già stato messo a punto negli anni novanta da un team guidato da Robert Langer del MIT. Tanto che i ricercatori hanno creato l’azienda Microchip Technology. Nel 2006 si è passati ai primi esperimenti su animali in cui ratti affetti da tumore al cervello ricevevano la chemioterapia tramite chip.

Nel 2011, i ricercatori hanno testato l’impianto per la prima volta negli esseri umani ed ha riguardato gli otto pazienti con osteoporosi di cui abbiamo parlato. In tutti era cresciuta poco dopo una capsula di tessuto connettivo attorno all’impianto. Tuttavia, uno studio su otto pazienti non consente oggettive dichiarazioni statistiche.

Nelle malattie che di solito sono trattate con farmaci da iniettarsi, il chip potrebbe rendere la siringa comune superflua e quindi proteggere la pelle e vasi sanguigni.

Attualmente si sta lavorando con i microchip per il trattamento della sclerosi multipla.

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