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Da Civitavecchia un modello per un sistema portuale regionale

11 Febbraio 2015 da Artsia

Proprio nel giorno in cui Genova festeggia il record nella movimentazione di container, che è cosa buona e giusta ed è in gran parte merito anche del presidente del Porto Luigi Merlo, vale la pena di leggere altri dati interessanti che arrivano dall’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta. Autorità guidata da Pasqualino Monti, che è quasi un gemello diverso di Merlo, guidando Assoporti ed avendo collaborato con il numero uno del Porto genovese, fino alla decisione di Palazzo San Giorgio di sbattere la porta dell’associazione dei Porti italiani.

E per capire la rivoluzione copernicana insita nel bilancio di Pasqualino Monti e le lezioni che può dare alle autorità liguri, basta già la lettura del “sottotitolo” della definizione dell’Autorità di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, che è “Hub Logistico Portuale del Lazio e dell’Italia centrale”.

Cioè qualcosa che molto al di là del singolo Porto di Civitavecchia, ma che è proprio una rivoluzione culturale copernicana nell’approccio al concetto di portualità. Cioè Pasqualino Monti – oltre a vantare straordinari risultati sul piano dei traffici dei passeggeri e di merci di recupero di canoni demaniali che prima non venivano versati, che è sempre un grande risultato dal punto di vista della legalità – ragiona non in termini del suo Porto, nel senso della sede e delle banchine antistanti il Palazzo dell’Autorità.

Ma parla sempre e comunque di “network portuale di Roma e dei Porti del Lazio”, spiegando che la strategia del suo Ente è “quella di rappresentare il gate marittimo della seconda area di consumo italiana, Roma e il suo hinterland”. Insomma, un modello che passa dal locale al globale, come si capisce ad esempio leggendo le destinazioni delle navi (oltre a quelle da crociera, per le quali Civitavecchia è lo scalo leader in Italia e conta oltre due milioni e 600 mila transiti annui) che un tempo erano quasi esclusivamente sarde – Cagliari ed Olbia – e che oggi invece hanno linee che vanno a Barcellona, Valencia, Tunisi, Annaba, Palermo, Catania, Malta, Tripoli, Turchia, Montenegro, Anversa e Stati Uniti.

Insomma, la strategia di Pasqualino Monti con i suoi numeri eternamente in crescita – con investimenti conseguenti e molte assunzioni, alcune delle quali non piacciono a tutti, ma è quasi un particolare in questa storia comunque virtuosa – è quella di uscire dal particolarismo locale e di portare non solo le strutture laziali, ma quelle del centro Italia in generale, a fare sistema. E potrebbe essere una ricetta anche per il sistema portuale ligure, oggi frammentato in tre Autorità portuali, Genova, Savona e La Spezia.

In particolare, il presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta ha puntato proprio sulla vendita del prodotto a sua disposizione: cioè l’area attorno a Roma, non solo turisticamente, può essere un mercato importantissimo dal punto di vista dei consumi. E può essere uno snodo decisivo per traffici strategici per il sistema produttivo nazionale, come nel caso delle auto FCA (il nuovo nome di Fiat) prodotte a Melfi e destinate al mercato a stelle e strisce o del terminal delle acciaierie a Terni.

Ecco, allo stesso modo – seguendo la “dottrina Monti”, da questo punto di vista certamente un modello virtuoso che potrebbe positivamente contaminare anche i Porti liguri e che in parte già lo fa – tutto ciò potrebbe esser esportato positivamente anche alla Liguria. Partendo da una semplicissima constatazione: i Porti di Genova, La Spezia e Savona sono lo sblocco al mare di Piemonte, Lombardia e Svizzera, un sistema produttivo che è uno dei principali d’Europa, insieme a quello tedesco. E quindi la “lezione Pasqualino Monti” può essere positivamente applicata a questo territorio.

È la geografia, bellezza.

Fonte: Il Giornale

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