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Singapore rimane la città più cara del mondo

7 Marzo 2015 da dagata

Singapore rimane la città più cara del mondo, secondo il rapporto ” Costo della vita mondiale 2015 “, pubblicato dall’Istituto Economist Intelligence Unit (EIU). Anche le città svizzere, Zurigo e Ginevra, con il franco forte sarebbero in testa alla classifica

 

Zurigo e Ginevra insieme a Singapore sono diventate le città più care al mondo dopo il recente abbandono della soglia minima di cambio franco-euro deciso dalla Banca nazionale svizzera. Solo così affiancherebbero nella classifica Singapore che continua a rimanere la città più cara nella classifica stilata dal settimanale britannico “The Economist”. Nella ricerca pubblicata martedì, la città asiatica è in testa ma, fanno notare gli analisti dell’EIU (Economist intelligence Unit), “i dati sono fuorvianti”, poiché risalgono al 2014. Il valore di riferimento dello studio è il costo della vita a New York. Se la metropoli statunitense ha un punteggio di 100, la città sulla Limmat ne totalizzerebbe 136, quella sulle sponde del Lemano 130. Singapore ne ha 129. Seguono Oslo e Parigi. Prima del 15 gennaio e l’apprezzamento della valuta elvetica, Zurigo occupava la quarta posizione, Ginevra la settima. In questo rapporto, il costo della vita nelle grandi città è stata paragonata a quella di New York City. Invece le città meno costose sono Karachi, Caracas, Mumbai, Bangalore e Madras.

L’immagine di un mondo quella della classifica stilata dal settimanale britannico “The Economist” che viaggia a due velocità, con un divario che cresce sempre di più tra le città “ricche” e quelle “depresse”. Il Forum economico mondiale ha identificato le crescenti disparità di reddito come un rischio importante per il progresso umano e quindi, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tocca ai governi adottare misure perequative urgenti per una più corretta redistribuzione della ricchezza. Ci auguriamo che l’Italia possa essere di buon esempio attraverso un rilancio di politiche in tal senso che sono senz’altro utili a rilanciare un’economia tra le più in crisi tra i paesi cosiddetti “sviluppati”.

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