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Banca pizzicata dall’utente ad arricchirsi indebitamente sugli arrotondamenti sui tassi d’interessi nei contratti a tasso variabile.

9 Maggio 2015 da dagata

Banca pizzicata dall’utente ad arricchirsi indebitamente sugli arrotondamenti sui tassi d’interessi nei contratti a tasso variabile. Storica decisione dello scorso 28 aprile dell’Arbitro Bancario Finanziario del collegio di Napoli che da ragione al consumatore e condanna la banca. Una decisione che può riguardare migliaia di mutui e fianziamenti

 

Bella soddisfazione per l’utente che si accorge che la banca “sbaglia” gli arrotondamenti sul calcolo del tasso d’interesse variabile e chiede sempre qualcosa in più rispetto a quanto pattuito.

Tutto nasce da quando l’amico dello “Sportello dei Diritti”, l’idruntino Luciano Esposito si accorge che il proprio contratto di mutuo a tasso variabile stipulato nel luglio 2011 presentava delle vere e proprie anomalie: in particolare verificava che la banca mutuante aveva proceduto nel corso degli anni all’aggiornamento erroneo su base trimestrale della misura del tasso contrattuale. La banca, infatti, aveva provveduto ad arrotondare, a proprio esclusivo vantaggio, il parametro di riferimento eletto in contratto (Euribor-365 a tre mesi, quotazione due giorni lavorativi precedenti), prendendo in considerazione anche i “millesimi” del relativo valore, nonostante tra le parti fosse stato concordato “l’arrotondamento al centesimo e cioè lo 0,05 superiore”.

Lo stesso cittadino rilevava, infatti, in data 1 maggio 2014, un “aumento ingiustificato” dall’1,80% all’1,85% del tasso di interesse regolante le rate di maggio, giugno e luglio 2014, “nonostante l’Euribor nei due giorni lavorativi precedenti all’1 maggio (29.4.2014) risulta essere pari a 0,35% quindi sommando lo spread (l’unico profitto per la banca) di 1,45% la somma totale è di 1,80%”.

A seguito delle ricognizioni del rimborso sin lì eseguito poteva rilevare che la prassi seguita dall’intermediario era quella “normale” tanto che “anche nei mesi di agosto/settembre/ottobre 2012, novembre/dicembre/gennaio 2013 e febbraio/marzo/aprile 2014 il tasso di interesse non corrispondeva a quanto invece sarebbe dovuto essere stato.

Viste tali incongruenze e la sorpresa manifestata dagli operatori della stessa banca alle legittime richieste di spiegazioni, l’utente decideva di presentare ricorso il 13 giugno 2014 allegando anche un preciso prospetto di calcolo, all’Arbitro Bancario Finanziario del Collegio di Napoli il quale nonostante le resistenze dell’istituto di credito con decisione prot. N. 0003262/15 dello scorso 28 aprile sul ricorso n. 0608908/2014 dava completamente ragione al consumatore, disponendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del tasso d’interesse nei sensi di cui in motivazione e condannando l’intermediario a corrispondere alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

Si legge in motivazione infatti: “In conclusione, l’interpretazione che appare più corretta della clausola di cui all’art. 5 del contratto qui dedotto, alla luce dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile, con particolare considerazione per la regola dell’interpretatio contra proferentem di cui all’art. 1370 c.c. (peraltro, sostanzialmente riprodotta nell’art. 35, 2° comma, cod. consumo), induce il Collegio ad affermare come le correzioni della seconda cifra decimale, al fine di operare l’“arrotondamento allo 0,05 superiore” siano giustificate solo quando la detta cifra centesimale sia diversa dallo 0 o dal 5, con questa particolare avvertenza, che se la cifra è compresa tra 1 e 4 l’arrotondamento è alla cifra superiore 5, mentre se la cifra è compresa tra 6 e 9, l’arrotondamento conduce alla correzione anche della prima cifra decimale dopo la virgola (es. 0,39 va arrotondata a 0,40). Diversamente, la soluzione che è stata concretamente applicata dall’intermediario non può essere condivisa, e la sua erroneità è dimostrata dalle conseguenze che essa trae con sé: tutte le somme sarebbero bisognose di arrotondamenti, anche nel caso in cui si abbiano già in partenza valori pari a multipli di 0,05. L’interpretazione propugnata e applicata dall’intermediario presuppone, infatti, un’indebita equiparazione tra la nozione di “arrotondamento” e la distinta nozione di “maggiorazione.

Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di un’importantissima decisione da parte dell’ABF che la nostra associazione segnala in anteprima e che potrà avere potenziali riflessi su migliaia di contratti di mutuo analoghi giacché la prassi denunciata dall’attento consumatore riguarderebbe la generalità dei contratti di tal tipo.

Insomma, consumatori ed utenti attenti a non farsi fregare perché basta un semplice controllo sul proprio mutuo per una verifica che gli esperti dello “Sportello dei Diritti” potranno rapidamente effettuare.

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