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I paradisi fiscali: ecco in cosa consistono

27 Novembre 2016 da Merellir

Cosa sono i paradisi fiscali

Nel linguaggio comune e istituzionale, i paradisi fiscali sono quegli Stati che presentano un regime di tassazione molto favorevole (estremamente basso o addirittura nullo) per le imprese straniere, nonché tutta una normativa in grado di attirare capitale proveniente dall’estero. In pratica, un’impresa stabilisce la propria sede in questi Paesi, sfruttando i benefici fiscali che questi assicurano: il deposito di capitali non viene tassato o viene tassato minimamente, comportando non pochi vantaggi per l’azienda.
Il sistema è utilizzato anche dalle associazioni criminali, che versano il denaro illecitamente acquisito nelle banche dei paradisi fiscali, sfruttando una normativa che impone il segreto sulle transazioni.

Quando gli Stati diventano paradisi fiscali

L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) predispone una serie di indici che rivelano quando determinati Paesi possono considerarsi paradisi fiscali. In particolare, vanno reputati come tali gli Stati che producono una concorrenza fiscale dannosa. Ciò avviene nei seguenti modi:
– un’imposizione fiscale bassa o del tutto nulla (non si pagano tasse sui depositi di capitali);
– una normativa che impone alle banche il segreto sulle transazioni effettuate: ad esempio, le organizzazioni criminali possono versare il denaro proveniente da attività illecite, senza che gli organi di polizia possano fare domande e acquisire prove utili all’incriminazione;
– mancato scambio di informazioni con gli Stati esteri e con le autorità straniere;
– assenza di trasparenza sulle operazioni effettuate.
In pratica l’Ocse considera paradisi fiscali quei Paesi capaci di attrarre associazioni straniere, assicurando il segreto sulle transazioni e sulla provenienza del denaro, nonché eliminando ogni tassazione sul deposito. Il tutto senza che nel paradiso fiscale venga svolta alcuna attività (ad esempio una società fissa la propria sede legale nel paradiso fiscale, ma si tratta di una sede fittizia: l’impresa non opera realmente lì).

La legge italiana sui paradisi fiscali

Dal 2016, la legislazione italiana sui paradisi fiscali è cambiata. Prima di quest’anno, la normativa prevedeva una black list, ossia un elenco di Stati esteri considerati dalla legge stessa come paradisi fiscali. Le spese che le imprese nazionali effettuavano in tali Paesi non potevano essere scaricate dall’imponibile, a meno che il contribuente non dimostrasse che le aziende fornitrici ivi presenti svolgessero effettivamente un’attività commerciale e che le operazioni fatte rispondessero ad un reale interesse economico. Inoltre, tutti questi movimenti andavano dichiarati separatamente nella dichiarazione dei redditi.
Con la legge di stabilità per il 2016, tutti questi obblighi sono venuti meno e la black list dei paradisi fiscali è stata cancellata. Il tutto allo scopo di incoraggiare l’attività economica e commerciale all’estero delle imprese italiane.

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