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Larve vive di Anisakis in sgombri dai Paesi Bassi, scatta il ritiro

19 Aprile 2017 da dagata

Larve vive di Anisakis in sgombri dai Paesi Bassi, scatta il ritiro

Il Sistema rapido di allerta europeo per alimenti (RASFF), giorno 13 aprile, ha diramato una black list di prodotti alimentari provenienti dall’estero che non rispettano i nostri standard inviandola al Ministero della salute italiano. Tutta colpa di una partita di sgombri refrigerati (Scomber scombrus) infestati da larve vive di parassiti Anisakis (massiccia presenza), provenienti dai Paesi Bassi, scoperti dai controlli effettuati dal dipartimento di sanità pubblica e sicurezza alimentare nazionale, finiti nelle rivendite in tutta Italia. L’anisakis è un verme parassita del pesce crudo che è capace di annidarsi nelle pareti dello stomaco e che può essere ingerito semplicemente mangiando del pesce crudo o, comunque, poco cotto, marinato o in salamoia. Il nome scientifico della malattia provocata dall’anisakis è l’anisakidosi, la quale è diffusa soprattutto nelle zone del mondo in cui si consuma maggiormente il pesce crudo: ad esempio, in Giappone, ma anche in Europa e USA da quando è impazzata la passione per il sushi, che può essere anche causa della sindrome sgombroide. Questo parassita è visibile a occhio nudo: si tratta, infatti, di vermi lunghi e somiglianti a capelli bianchi. I sintomi dell’anisakidosi includono dolori addominali, diarrea, sangue e muco nelle feci, nausea, vomito, meteorismo, distensione addominale e febbre. Nei casi più gravi, possono, poi, verificarsi forti mal di pancia, ostruzione dell’intestino tenue e perforazioni intestinali e dello stomaco. La sintomatologia può fare la propria comparsa da un’ora a due settimane dall’ingestione delle larve in questione presenti nel pesce crudo e, solo raramente, queste vengono espulse con il vomito. Potrebbero, inoltre, verificarsi bruciore in gola e sensazione di prurito provocati dal verme che si muove nella bocca e nella gola. Questo parassita, oltre all’anisakiasi, può causare anche delle allergie: l’anisakiasi gastro-allergica, che provoca orticaria e una forma anafilattica che può provocare shock anafilattici e morte. I sintomi possono, inoltre, proseguire anche dopo la rimozione o la morte del parassita. Alla comparsa dei primi segni e sintomi, è necessario recarsi al pronto soccorso, dove un medico, tramite una serie di analisi ed esami, stabilirà la diagnosi e la terapia più adatta al caso specifico. Oltre allo studio dei sintomi, alla visita medica e agli esami del sangue, potrebbe essere necessario effettuare ulteriori test, come l’endoscopia, la radiografia o la gastroscopia: una volta estratto, il verme viene sottoposto a diagnosi parassitologica. La cura consiste, prima di tutto, nella rimozione del parassita dall’organismo mediante endoscopia o intervento chirurgico ma, in alcuni casi, l’infezione può anche risolversi da sola con un trattamento sintomatico e con l’espulsione del parassita tramite vomito, tosse o feci. Quando l’infezione porta a un’ostruzione dell’intestino tenue, potrebbe essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico: l’ostruzione avviene quando il verme riesce a bucare la mucose e viene aggredito dal sistema immunitario, formando un granuloma che può provocare l’occlusione intestinale. Di fondamentale importanza è la prevenzione e attuare delle precauzioni per il consumo di pesce crudo. È opportuno evitare di consumare pesce crudo o poco cotto: la cottura del pesce deve avvenire almeno a una temperatura di 63 °C per poter uccidere eventuali parassiti; mentre, il congelamento dovrebbe avvenire almeno a meno 18 °C per 24 ore: sia le alte che le basse temperature sono nemiche di questo verme. Pertanto Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione ormai punto di riferimento per la sicurezza alimentare in Italia, consiglia alle ditte di prodotti ittici e ai titolari delle rivendite all’ingrosso di prodotti alimentari di bloccare la vendita di questo lotto. La segnalazione diffusa dal Sistema rapido di allerta europeo, classificata come decisione di rischio grave, è stata inviata dal Ministero della salute italiano ma non pubblicata sul sito del nuovo portale dedicato alle allerte alimentari.

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