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Depakin, il farmaco anti-epilessia responsabile di difetti nei neonati

7 Dicembre 2019 da dagata

Depakin, il farmaco anti-epilessia responsabile di difetti nei neonati. Lo scandalo che nessuno conosce. Il farmaco somministrato alle donne incinte e che ha avuto effetti teratogeni per vari neonati è oggetto di un rapporto approvato oggi dal Consiglio federale svizzero

Un farmaco anti-epilessia è sotto accusa in Francia e Svizzera perché avrebbe causato malformazioni ai neonati di donne che lo avevano assunto in gravidanza. Secondo un rapporto approvato oggi dal Consiglio federale svizzero in risposta a un postulato della ex “senatrice” Liliane Maury-Pasquier (PS/GE) i casi di malformazione segnalati in Svizzera dal 1990 dovuti alla somministrazione alle donne incinte del Depakin, un farmaco antiepilettico, sono 34. L’ultima notifica è pervenuta nel 2018 e riguarda una gravidanza nel 2014. Stando al rapporto, il numero di casi registrati in Svizzera è basso nel confronto internazionale, in particolare in Francia. L’autorità francese competente in materia di farmaci ha trasmesso 653 notifiche di disturbi dello sviluppo alla banca dati dell’Organizzazione mondiale della sanità. Alcune stime contano più di 6500 vittime di disturbi dello sviluppo in Francia. Secondo il rapporto francese dell’aprile 2017, le donne incinta alle quali era stato somministrato il medicinale a base di sodio valproato hanno registrato un’incidenza quattro volte superiore delle nascite con malformazioni congenite. I bambini nati con problemi sarebbero circa 3.000. Lo studio è stato realizzato dall’Agenzia nazionale francese per la sicurezza del farmaco (Ansm) e dall’amministrazione nazionale di previdenza. Il medicinale Depakine, è prodotto dalla Sanofi, ed è venduto anche in Italia, ma il bugiardino segnala a chiare lettere che ci sono rischi elevati per il feto e che il farmaco non va assunto in gravidanza. ” Nell’autunno 2014, l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) emettono una nota riguardante il rischio di esiti avversi della gravidanza correlato ai farmaci contenenti valproato, il principio attivo del Depakin. Da allora nelle avvertenze speciali della scheda tecnica del farmaco si legge: “non deve essere utilizzato in bambine, adolescenti, donne in età fertile e donne in gravidanza, a meno che i trattamenti alternativi siano inefficaci o non tollerati, a causa del suo elevato potenziale teratogeno e del rischio di disturbi dello sviluppo in neonati esposti in utero al valproato […] Le donne in età fertile devono usare una forma di contraccezione efficace durante il trattamento ed essere informate dei rischi associati all’uso durante la gravidanza”. Quali sono questi rischi? I bambini esposti al valproato in utero sono ad alto rischio di gravi disordini dello sviluppo (che si verificano in circa il 30-40% dei casi) e/o di malformazioni congenite (in circa il 10% dei casi). Autorizzato al commercio dal 1969 in Francia e nel 1978 in USA, il Depakin, prodotto dalla francese Sanofi, ha continuato a lungo a essere prescritto alle donne incinte anche dopo la scoperta dei suoi gravi effetti teratogeni. Il foglietto illustrativo menziona chiaramente gli effetti collaterali soltanto dal 2015. Il 10% dei bambini che sono stati esposti all’acido valproico (il principio attivo del farmaco) nell’utero nasce con malformazioni congenite e tra questi il 30/40% è destinato a soffrire di gravi disturbi dello sviluppo. Spesso tali disturbi si manifestano diversi anni dopo la nascita e quindi molto tempo dopo che la madre ha assunto il farmaco. E’ probabilmente l’antiepilettico più prescritto al mondo e si stima che oltre un milione di persone lo usino ogni giorno. È indicato nel trattamento delle epilessie generali e parziali, nel trattamento di episodi di mania correlati al disturbo bipolare quando il litio è controindicato o non tollerato, ed è frequentemente usato off-label nella profilassi dell’emicrania. Il problema degli antiepilettici in gravidanza è quello di pesare attentamente i rischi e i benefici del trattamento: da un lato una crisi epilettica è rischiosa per il feto, dall’altro è aumentato il rischio di malformazioni nelle donne che assumono in gravidanza un qualsiasi antiepilettico (intorno al 6%, circa il doppio del rischio di base). Ma dal 2014 l’EMA ha chiarito che il rapporto beneficio-rischio dell’acido valproico è il peggiore rispetto agli altri antiepilettici. L’aspetto che nessuno conosce della storia del valproato riguarda il ritardo sia delle agenzie regolatorie preposte al controllo, sia della Sanofi, titolare dell’autorizzazione alla commercializzazione. L’allerta è infatti stata lanciata dalle associazioni fondate dai genitori delle vittime che hanno combattuto per gettare luce sullo scandalo. Il merito maggiore è di Marine Martin, 46 anni oggi e dall’età di 6 anni in trattamento con Depakin per epilessia. Nel 1998, prima della prima gravidanza, chiede al suo neurologo, al suo medico di famiglia e alla sua ginecologa se il trattamento può causare problemi. Tutte le dicono di no, tranne che poteva esserci un rischio dell’1% di spina bifida. Marine Martin continua ad assumere acido valproico durante la gravidanza e Salomé nasce senza spina bifida. Nel 2002 nasce Nathan, il secondo figlio, che sin dai primi mesi presenta un ritardo dello sviluppo. É quasi per caso che la signora Martin anni dopo, in una assolato pomeriggio del 2009, navigando su internet e cercando “farmaci pericolosi per la gravidanza” incespica sul sito del Centro di Riferimento Agenti Teratogeni, e scopre che nella lista dei farmaci causa di teratogenicità ci sono in ordine di importanza l’isotretinoina e l’acido valproico. Di lì un link la conduce al sito dell’associazione delle vittime degli antiepilettici. Nessuno le aveva detto nulla, non era stata informata, la colpa non era sua, ma del farmaco. É da quel giorno che la signora Martin decide di battersi perché un disastro sanitario di questo genere non si ripeta. Nel 2011 raduna intorno a sé altri genitori di vittime del valproato in un’associazione, l’APESAC e insieme a loro intenta una causa collettiva contro la Sanofi, che sta ancora proseguendo, per mostrare che i dati c’erano ed erano chiari: i primi dati che riguardano la teratogenicità del valproato risalgono agli anni ’80, 934 sono le pubblicazioni su gravidanza e acido valproico pubblicate su Medline, con studi che sin dal 2001 mostrano una maggiore incidenza di ritardo dello sviluppo cognitivo e motorio nei figli delle donne che hanno assunto valproato in gravidanza. In Francia la storia di Marine Martin ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, ha provocato inchieste parlamentari e ha condotto alla creazione di un fondo di indennizzo destinato alle vittime del Depakin votato all’unanimità dal parlamento francese il 15 novembre 2016. Si tratta di un fondo di risarcimento di 10 milioni di EURO per il primo anno, garantito dallo stato e che dovrebbe essere rimborsato da Sanofi, con cui lo stato francese vuole porre rimedio ai danni ed assumersi le sue responsabilità nel ritardo dell’allerta. In Italia se ne è parlato molto poco e sono ancora meno coloro che conoscono la storia nei dettagli. La stima delle vittime del Depakin per la Francia e l’Inghilterra è nell’ordine delle migliaia, eppure, secondo i dati di alcune indagini che si sono svolte tra il 2015 e il 2017, tra le donne in età fertile che assumono il valproato non è a conoscenza dei rischi del farmaco per il feto rispettivamente il 28% delle donne inglesi,11 il 41% delle tedesche12 e il 59% delle croate.13 In Italia nel 2016 l’AIFA e la Sanofi hanno prodotto del materiale da distribuire agli operatori sanitari14 e alle donne. Ma quante donne hanno ricevuto l’opuscolo informativo? Quante hanno firmato il modulo di accettazione del rischio e quanti medici ne hanno una copia conservata in cartella? Nel marzo 2018, preso atto che le donne in età fertile sono ancora troppo poco informate, l’EMA ha emesso una seconda nota che rinforza le misure per evitare l’esposizione al valproato in gravidanza. In Italia si è parlato pochi giorni fa del Depakin, in occasione della sentenza di assoluzione di Marina Addati, la 33enne napoletana accusata di aver tentato di uccidere il figlio neonato di appena 3 mesi con un cocktail micidiale a base di psicofarmaci: “E’ la fine del 2015. La prima figlia di Marina, Vittoria, ha pochi mesi di vita. Soffre di crisi simili a quelle epilettiche (cianosi, irrigidimento del corpo). La mamma corre all’ospedale Santobono di Napoli per il ricovero. I medici del reparto di neurologia infantile guidati dal primario Salvatore Buono non riescono a formulare una diagnosi precisa, non capiscono di cosa soffra la piccola. I sanitari cominciano a somministrarle alcuni farmaci, tra cui il Luminale (equivalente di un barbiturico) e uno sciroppo, il Depakin, che contiene acido valproico.” La donna, è tornata libera dopo aver trascorso due anni in carcere. In Francia, dopo molteplici procedimenti, alla fine del 2016 l’associazione delle vittime di Depakin ha avviato un’azione collettiva contro Sanofi per ottenere il risarcimento per le decine di migliaia di bambini esposte in utero a questo farmaco. Anche in Svizzera, l’anno scorso, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono state presentate diverse denunce. Oggi più che mai è necessario garantire che tutte le pazienti di sesso femminile in Italia in trattamento con specialità contenenti valproato siano informate e abbiano compreso chiaramente.

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