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No Profit: quando i social aiutano a fare del bene

16 Gennaio 2021 da Jenni50

Al giorno d’oggi i social media assumono un ruolo fondamentale nella comunicazione, non solo nella sfera privata ma anche nell’ambito aziendale. Le strategie social impiegate dalle aziende di produzione e i vantaggi da loro ottenuti sulle varie piattaforme sono ormai noti ma spesso non si considera il fatto che lo stesso impatto, anche se con risultati diversi, potrebbe averlo anche il terzo settore.

In primis cos’è il terzo settore? Si tratta di associazioni, cooperazioni e fondazioni che, a differenza del primo (lo Stato) e del secondo settore (le imprese), non hanno fini di lucro ma svolgono attività di interesse pubblico in modo totalmente gratuito e volontario.

Nonostante quest’enorme differenza tra i due, il terzo settore e il mondo classico del business presentano aspetti in comune quale il target elemento fondamentale che, anche se concepito in maniera diversa, è in entrambi i casi il destinatario dell’attività di comunicazione.

Così social networks e mondo no profit collaborano per creare campagne social media marketing del terzo settore che abbiano come unico obiettivo la promozione SOCIALe.

 

Perché il terzo settore dovrebbe essere social

Parlavamo precedentemente di un elemento essenziale nel mondo aziendale di oggi: il target. Questo stakeholder, che nel business tradizionale assume la fisionomia dei consumatori e dei clienti, differisce nel mondo del terzo settore. Quando la finalità ultima non è il lucro e quindi trarre un profitto dalla vendita di un prodotto quanto piuttosto fare del bene, ecco che bisogna cambiare punto di vista verso il pubblico: i social vengono utilizzati per mettere in luce una causa incoraggiando la partecipazione delle persone e non per far conoscere una marca (“brand awarness”) promuovendo l’acquisto dei suoi beni.

Ecco che il terzo settore raggiunge più fasce possibili di persone, con caratteristiche diverse (es. nazionalità o età) che possono diventare membri attivi delle attività no profit. Senza interrompere la fruizione dei contenuti, gli si propone post  in linea con il contesto social in cui sono inseriti che fanno scattare il loro interesse nei confronti di un determinato tema. Nel contesto social si inserisce anche il cosiddetto slacktivism o clicktivism ossia l’attivismo a portata di click: potrebbe sembrare inutile ma non è affatto così perché un semplice click può diventare un megafono straordinario per dare grande visibilità alla propria causa.

Oltre ad aumentare i sostenitori, è possibile creare delle vere e proprie community: il sociologo Turkle parlava di “alone together” per descrivere il panorama social moderno e non sembra esserci trovata migliore; siamo tutti individui estremamente diversi eppure ci ritroviamo tutti insieme sulle stesse piattaforme a partecipare a iniziative di comune interesse. Così nascono delle vere e proprie communities in cui si fa network e si condividono idee e pensieri che possono essere molto utili ed interessanti.

L’ultimo aspetto è quello delle donazioni. Il 2020 ha dimostrato come attraverso i social sia possibile attivare delle vere e proprie raccolte fondi per determinate cause. Niente passaggi strani o processi complicati, anche in questo caso è tutto a portata di click. Le campagne di crowdfunding sui social permettono di dare visibilità a iniziative benefiche, profilando target differenti e agevolando il trasferimento di denaro.

PIANO DI PUBBLICAZIONE E COSTANZA SONO LE PAROLE CHIAVI

Per fare tutto ciò però è necessario un piano di pubblicazione ben pensato e una certa costanza. Scegliere quale piattaforma utilizzare e i diversi tools a disposizione ma anche creare post ad hoc, che rispettino la filosofia del brand. Avere un contenuto “accattivante” è una regola che vale non solo per il mondo del business ma anche per il settore no profit che deve puntare su messaggi che siano bidirezionali, chiari, efficaci e che facciano trasparire anche l’aspetto emotivo. Immagini, video o semplici post devono poi essere pubblicati secondo una programmazione precisa ma soprattutto costante perché un’attività social saltuaria potrebbe mettere in discussione la credibilità dell’organizzazione.

Ecco che il mondo dei social si apre anche al terzo settore aiutando le diverse organizzazioni a fare del bene nel mondo!

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