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Prezzi del grano alle stelle per via della guerra, ma l’Italia alle sue gravi colpe

27 Maggio 2022 da helly

Se la colpa principale dell’aumento dei prezzi del grano è senza dubbio lo scoppio della guerra in Ucraina, l’Italia deve comunque recitare mea culpa, perché la forte dipendenza dal grano dal grano russo-ucraino è frutto anche dello scarso riconoscimento economico del lavoro dei nostri agricoltori.

La corsa dei prezzi del grano

prezzi del granoNei tre mesi di guerra, l’impennata dei prezzi del grano ha comportato un costo di 90 miliardi di dollari a livello globale. Va infatti considerato non solo il rincaro del grano in sé (36%), ma anche i suoi effetti a cascata su moltissimi prodotti alimentari. Basta pensare a tutti i prodotti da forno che quotidianamente consumiamo.

Le quotazioni del grano sono giunte sui 12 dollari per bushel. Se questo aumento genera una forte inflazione nella maggior parte dei paesi, nella minoranza più povera invece significa carestia e rischio rivolte. L’ONU  ha identificato ben 53 paesi in cui questo rischio è più presente.

La speculazione

Come sempre accade in situazioni analoghe, la corsa dei prezzi innesca anche un meccanismo speculativo. L’attività dai broker autorizzati del mercato finanziario si è spostata dai metalli preziosi come l’oro, ai prodotti agricoli. Ciò vuol dire che le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta, mentre sono sempre più influenzati dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato. Speculazione.

Le colpe dell’Italia

Se l’Italia è uno dei Paesi che risente di più della corsa dei prezzi del grano, è in parte anche colpa nostra. Potenzialmente potremmo essere più che autosufficienti, e invece siamo costretti ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori.

Siccome sono stati pagati sempre di meno, la produzione nazionale è stata ridotta. Secondo gli indicatori inversione trend, gli agricoltori hanno ridotto di quasi 1/3 la produzione. Durante questo periodo è scomparso anche un campo di grano su cinque. Complessivamente, abbiamo rinunciato a quasi mezzo milione di ettari coltivati”.

Per questo dobbiamo imparare dai nostri errori, e lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi. Ma stavolta a prezzi equi.

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