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Napoli e i suoi re…Alfonso D’Aragona

7 Aprile 2024 da Barbara

Uno dei re di Napoli, Alfonso d’Aragona, viene ricordato ancora oggi, grazie all’arco trionfale che volle far erigere all’ingresso di Castel Nuovo.

Conosciuto da noi napoletani e nel mondo con il nome di Maschio Angioino, proprio sul suo ingresso il sovrano volle celebrare, con un arco scolpito, la conquista del regno di Napoli nel 1443. Una celebrazione del suo trionfo, desideroso di emulare la gloria degli imperatori romani ed ispirandosi agli antichi archi trionfali proprio dell’architettura romana.

Viene raffigurato di fatti, l’ingresso del sovrano in città alla maniera degli antichi imperatori, sopra il suo carro, e tutt’attorno la sua corte che lo acclama. Ma la storia vera, della sua conquista del Regno di Napoli in realtà è un’altra…

La storia narra che i Catalani riuscirono a penetrare in città grazie a un sotterfugio che mise fine a un logorante assedio durato mesi.

Le mura di Napoli, sin dai tempi dei romani, erano considerate impenetrabili, e si doveva trovare una soluzione.

La soluzione era proprio all’interno delle mura della città, ossia il pozzo di Santa Sofia.

Nei pressi del Pozzo di Santa Sofia, proprio all’interno delle mura cittadine, c’erano numerose botteghe, una di queste era quella di un umile sarto chiamato “mastro Ciliello cosetore”, che portava avanti l’attività assieme a sua moglie Ciccarella e ai suoi figli. Si racconta che una notte durante l’assedio gli uomini di Alfonso si intrufolarono in un canale sotterraneo, che sbucava proprio nella casa del povero sarto. I soldati proprio da li riuscirono ad entrare inosservati in città. La scoperta di questo passaggio segreto, o meglio la soffiata che ebbe re Alfonso, si dice sia avvenuta da parte di due muratori Aniello e Roberto. Mentre fonti un po’ più romanzesche affermano che la soffiata del passaggio segreto venne fatta da Ciccarella, la moglie del sarto, e che proprio lei abbia voluto aiutare il re aragonese per vendicarsi di Renato d’Angiò che le aveva negato un favore.

Il nuovo sovrano in un certo qual modo non nascose il segreto del suo successo, anzi dispose nel suo testamento che si provvedesse ad erigere una cappella dedicata a San Giorgio, proprio nelle vicinanze del pozzo di Santa Sofia, e un’altra cappella all’interno della bottega del sarto dedicata a san Michele Arcangelo. Di queste costruzioni antiche, oggi non vi è più traccia.

Inoltre i complici del re catalano, il sarto, la sua famiglia e i muratori furono ricompensati generosamente con una pensione a vita di trentasei ducati. Le prove di questa generosità sono state ritrovate nei secoli negli antichi archivi di Napoli. Una volta insediatosi, Alfonso venne soprannominato il Magnanimo, proprio perchè si rivelò essere un sovrano illuminato e liberale; grazie ad una meritevole opera di mecenatismo, Napoli diventa il centro propulsore della cultura italiana dell’epoca.

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