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L’Inail deve tutelare i lavoratori

1 Novembre 2012 da dagata

L’Inail deve tutelare i lavoratori. Nuovo giro di vite della Cassazione che ha condannato l’ente a riconoscere la rendita a chi contrae un tumore per uso lavorativo del cellulare

Ulteriore importantissima sentenza della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17438 del 12 ottobre 2012. Nel caso in questione, gli ermellini hanno rigettato il ricorso proposto dall’Inail avverso la sentenza della Corte d’Appello che, in riforma della pronuncia di prime cure, aveva condannato l’Istituto a corrispondere ad un lavoratore la rendita per malattia professionale. In particolare, il lavoratore, aveva collegato l’insorgenza del cosiddetto neurinoma del Ganglio di Gasser, un tumore che colpisce i nervi cranici, ad un uso lavorativo del cellulare e di telefoni cordless per dodici anni e per un periodo di 5-6 ore al giorno, con conseguenze piuttosto gravi nonostante le diverse terapie, anche chirurgiche, a cui si era sottoposto.
Purtroppo, pur essendosi sottoposto a terapie anche di natura chirurgica, gli esiti erano stati avversi.
I giudici di piazza Cavour, contestando che non erano state svolte obiezioni in sede di appello, incentrandosi la questione devoluta al Giudice del gravame sul nesso causale tra l’uso dei telefoni e l’insorgenza della patologia, hanno sottolineato che “nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all’entità ed all’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio ed anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall’assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia”.
Inoltre nella sentenza impugnata gli ermellini hanno ravvisato, in base alle considerazioni diffusamente esposte, la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale.
Nel caso all’esame, prosegue la Corte, “la sentenza impugnata, seguendo le osservazioni del CTU, ha ritenuto di dover ritenere di particolare rilievo quegli studi che avevano preso in considerazione anche altri elementi, quali l’età dell’esposizione, l’ipsilateralità e il tempo di esposizione, atteso che, nella specie, doveva valutarsi la sussistenza del nesso causale in relazione ad una situazione fattuale dei tutto particolare, caratterizzata da un’esposizione alle radiofrequenze per un lasso temporale continuativo molto lungo (circa 12 anni), per una media giornaliera di 5 – 6 ore e concentrata principalmente sull’orecchio sinistro dell’assicurato (che, com’è di piana evidenza, concretizza una situazione affatto diversa da un normale uso non professionale del telefono cellulare).”.
In altre parole, sottolinea Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, la natura professionale della malattia può essere desunta con un elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall’assenza di altri fattori extralavorativi che possano costituire causa della malattia.
Nel caso oggetto della sentenza, in particolare, la sussistenza del nesso causale è data da una situazione del tutto particolare, caratterizzata da un’esposizione alle radiofrequenze concentrata principalmente sull’orecchio sinistro per un lasso temporale continuativo molto lungo e per una media giornaliera di 5-6 ore.

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